di Francesco Liperoti Nel cuore del centro storico di Crotone, alle spalle di piazza Villaroja, balza agli occhi di un turista una chiesa con un campanile, una statua femminile sul portone e una facciata abbastanza antica, certamente non costruita di recente. Si tratta della Chiesa di Santa Chiara. La chiesa che oggi visitiamo è il risultato di una completa ristrutturazione “all'uso moderno”, seguita al terremoto che si abbattè a Crotone nel 1749. In origine la Chiesa di Santa Chiara era un convento delle suore clarisse e fu costruita presumibilmente intorno al XV secolo. Tuttavia l’inizio dell'esperienza e della presenza delle clarisse a Crotone rimane sconosciuto, poiché molti documenti sono andati perduti o bruciati. E’ certamente documentato che una abbazia di Santa Chiara esisteva, dentro le mura di Crotone o per meglio dire di Cotrone ( il nome della città in epoca spagnola e fino agli anni venti del Novecento) già prima del 1458 e che vi dimoravano figlie di aristocratici, come era nella tradizione. Secondo il vescovo di Cotrone del 1833, Leonardo Todisco, l’erezione del monastero avvenne nell'anno 1481. I nobili crotonesi, dopo tante annate di siccità e calamità, dovute al maltempo e soprattutto alle razzie dei Turchi o per meglio dire dei Turcheschi (pirati di origine turca e berbera interessati solo al saccheggio), decisero di fondare un monastero delle clarisse, in protezione della città. Secondo un documento del XV secolo, contenuto nei registri vaticani, Papa Pio II, accogliendo una supplica inviatagli dal clero, dal popolo e dall'ordine provinciale dei domenicani, ordinò, con bolla del 26 settembre 1458, all'arcivescovo di Santa Severina, Simone Biondo, di trasferire i frati domenicani dal convento fuori le mura, posto accanto ad un bordello ed esposto alla minaccia dei pirati, nella chiesa di Santa Chiara, che era soggetta all'autorità del patronato dei laici, ed assumere il titolo di Abbazia di San Vincenzo. Tuttavia l'ordine papale non venne mai eseguito e infatti i frati domenicani rimasero fuori le mura, adattandosi in una piccola chiesa in riva al mare. Secondo don Silvano Controne, che ha studiato da vicino i documenti dei Monasteri delle clarisse in Calabria, nel suo volume "Una storia nella storia : monastero di S. Chiara in Crotone", pone l'erezione del monastero intorno al 1390, allacciandosi alla bolla papale del 1458. In ogni caso, il monastero verso la fine del XV secolo cominciò a diventare simbolo esclusivo e sacrale del potere aristocratico, permettendo alle figlie dei nobili di vivere in una condizione privilegiata rispetto al resto delle donne. Le dame infatti potevano ricevere un’educazione con altre dame della loro stessa condizione. La regola principale del monastero era la clausura. La badessa veniva eletta tramite voto segreto, mentre i vescovi dovevano vigilare l’amministrazione del monastero. Il Concilio di Trento portò notevoli modifiche all'organizzazione della vita economica e religiosa delle clarisse. Si ammise infatti un versamento di capitale iniziale che doveva essere dato prima del noviziato a titolo di parziale rimborso spese. Inoltre il Concilio nel decreto della riforma dei regolari prevedeva tra l’ altro: il ripristino e la stretta osservanza della clausura, l’insediamento del monastero dentro le mura cittadine e la sua dipendenza dalla sede apostolica. L’età della badessa doveva essere almeno di quaranta anni e otto di professione e dove non si poteva almeno sopra i trenta anni e cinque di professione. Inoltre si stabilì che, prima di farsi professa, la novizia dovesse depositare “la somma da spendersi per farsi Monaca, e la somma da depositarsi presso un terzo per mantenerla in Monastero, somme il cui ammontare fu poi stabilito dai vescovi. Verso la fine del XVI l’obbligo e l’accumularsi delle doti spirituali incrementarono il patrimonio del monastero. In molte occasioni le badesse acquistavano beni immobili, dandole in fitto alle famiglie. Molte volte, tuttavia le operazioni finanziarie sfociavano nell'usura. Così mentre la città era in crisi verso il XVII secolo, il monastero di Santa Chiara divenne uno dei più importanti istituti economici della città di Crotone. Il ruolo più importante al fianco della badessa, che aveva l'obbligo di curare l'educazione delle novizie, era il ruolo del Procuratore, solitamente un parroco, che curava l'amministrazione del monastero. Egli curava gli affitti, i prestiti, la documentazione e la burocrazia del monastero. Il monastero divenne inoltre, luogo dove nascondere gli scandali del potere, ne è testimonianza una lettera che il vescovo Minturno scrive al cardinale Sirleto per far presente che i nobili della città hanno chiesto di allontanare dal monastero una certa Salomea Basoina di Santa Severina, probabilmente concubina di un parroco, entrata nel monastero senza il consenso delle monache per decreto penale della Vicaria. Nel 1638 i Turchi invasero le coste crotonesi, così le clarisse furono costrette per emergenza a sciogliere momentaneamente la clausura e si rifugiarono nel Castello di Carlo V. Per via della crisi il monastero, cadde in disgrazia e le clarisse furono costrette a lavorare servendo nelle chiese, recitando e cantando ogni giorno. Così ad inizio Settecento il monastero divenne oggetto esclusivo di alcuni nobili. Le clarisse tuttavia diminuirono da 15 a 8. Nel 1699 ci fu l’accesso al monastero delle figlie dei piccoli proprietari, creando una netta divisione con le figlie dei nobili. Nel 1745 ci fu la ricostruzione del monastero, che ebbe così una nuova vitalità grazie ad alcune famiglie emergenti di Crotone come Zurlo, Ventura, Oliverio, Sculco, Gallucci e del vescovo Capocchiani. Nel 1784 il governo Borbonico decise tuttavia di sopprimere tutti i conventi e monasteri che avevano meno di 12 membri e sospendere gli altri. Il monastero fu sospeso e i beni furono dunque affidati e amministrati dalla Cassa Sacra. Il monastero divenne così una parrocchia. Sciolta la clausura, tutte le clarisse furono mandate alle case paterne e fu assegnato loro un sussidio. BIBLIOGRAFIA
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