di Francesco Liperoti
Il filosofo-matematico di Crotone, Pitagora, diede un ruolo di primo ordine alle donne all'interno della sua accademia. Esse infatti avevano il difficile compito di applicare l'educazione e la sapienza pitagorica ai figli. Erano custodi della filosofia pitagorica, infatti alla morte di Pitagora, fu proprio la moglie Theano, figlia di Brotino di Crotone, a reggere l'accademia. Theano credeva nella teoria pitagorica, secondo cui ogni cosa nasce e ha origine nel numero, il quale dà ordine nel mondo. Credeva come il marito nell'immortalitá dell'anima: "se l'anima non fosse immortale, la vita sarebbe davvero una festa per i malvagi che muoiono dopo aver vissuto una vita corrotta". Theano inoltre raccomandò alle madri di Crotone, di non essere troppo indulgenti con i propri figli e di non abituarli troppo al piacere, poiché ciò costituirebbe un danno. Le donne pitagoriche applicarono nella vita le leggi cosmiche, così da creare giustizia ed armonia nelle case e nelle anime. Infatti la loro più grande virtù era la moderazione, che si traduceva nella loro devozione verso gli dei e i loro genitori e mariti, nella loro temperanza, nella prudenza, nella modestia, nell'elogio del silenzio, nella ricerca della verità, nel controllo di sé e delle loro passioni, nell'educazione dell'affettività e nel rispetto degli altri. Oltre a Theano, vanno menzionate altre donne che custodirono e applicarono le teorie pitagoriche: le figlie di Pitagora e Theano, Mia, Damo, Arignote; Phintys; Melissa; Aesara; Perictione; Myllias. Bibliografia: Pitagorici Antichi, a cura di Maria Timpanaro Cardini. In immagine Pitagora trasmette le sue teorie alle donne. #pitagora #crotone #filosofiagreca #kroton #donnefilosofia
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di Francesco Liperoti Nel cuore del centro storico di Crotone, alle spalle di piazza Villaroja, balza agli occhi di un turista una chiesa con un campanile, una statua femminile sul portone e una facciata abbastanza antica, certamente non costruita di recente. Si tratta della Chiesa di Santa Chiara. La chiesa che oggi visitiamo è il risultato di una completa ristrutturazione “all'uso moderno”, seguita al terremoto che si abbattè a Crotone nel 1749. In origine la Chiesa di Santa Chiara era un convento delle suore clarisse e fu costruita presumibilmente intorno al XV secolo. Tuttavia l’inizio dell'esperienza e della presenza delle clarisse a Crotone rimane sconosciuto, poiché molti documenti sono andati perduti o bruciati. E’ certamente documentato che una abbazia di Santa Chiara esisteva, dentro le mura di Crotone o per meglio dire di Cotrone ( il nome della città in epoca spagnola e fino agli anni venti del Novecento) già prima del 1458 e che vi dimoravano figlie di aristocratici, come era nella tradizione. Secondo il vescovo di Cotrone del 1833, Leonardo Todisco, l’erezione del monastero avvenne nell'anno 1481. I nobili crotonesi, dopo tante annate di siccità e calamità, dovute al maltempo e soprattutto alle razzie dei Turchi o per meglio dire dei Turcheschi (pirati di origine turca e berbera interessati solo al saccheggio), decisero di fondare un monastero delle clarisse, in protezione della città. Secondo un documento del XV secolo, contenuto nei registri vaticani, Papa Pio II, accogliendo una supplica inviatagli dal clero, dal popolo e dall'ordine provinciale dei domenicani, ordinò, con bolla del 26 settembre 1458, all'arcivescovo di Santa Severina, Simone Biondo, di trasferire i frati domenicani dal convento fuori le mura, posto accanto ad un bordello ed esposto alla minaccia dei pirati, nella chiesa di Santa Chiara, che era soggetta all'autorità del patronato dei laici, ed assumere il titolo di Abbazia di San Vincenzo. Tuttavia l'ordine papale non venne mai eseguito e infatti i frati domenicani rimasero fuori le mura, adattandosi in una piccola chiesa in riva al mare. Secondo don Silvano Controne, che ha studiato da vicino i documenti dei Monasteri delle clarisse in Calabria, nel suo volume "Una storia nella storia : monastero di S. Chiara in Crotone", pone l'erezione del monastero intorno al 1390, allacciandosi alla bolla papale del 1458. In ogni caso, il monastero verso la fine del XV secolo cominciò a diventare simbolo esclusivo e sacrale del potere aristocratico, permettendo alle figlie dei nobili di vivere in una condizione privilegiata rispetto al resto delle donne. Le dame infatti potevano ricevere un’educazione con altre dame della loro stessa condizione. La regola principale del monastero era la clausura. La badessa veniva eletta tramite voto segreto, mentre i vescovi dovevano vigilare l’amministrazione del monastero. Il Concilio di Trento portò notevoli modifiche all'organizzazione della vita economica e religiosa delle clarisse. Si ammise infatti un versamento di capitale iniziale che doveva essere dato prima del noviziato a titolo di parziale rimborso spese. Inoltre il Concilio nel decreto della riforma dei regolari prevedeva tra l’ altro: il ripristino e la stretta osservanza della clausura, l’insediamento del monastero dentro le mura cittadine e la sua dipendenza dalla sede apostolica. L’età della badessa doveva essere almeno di quaranta anni e otto di professione e dove non si poteva almeno sopra i trenta anni e cinque di professione. Inoltre si stabilì che, prima di farsi professa, la novizia dovesse depositare “la somma da spendersi per farsi Monaca, e la somma da depositarsi presso un terzo per mantenerla in Monastero, somme il cui ammontare fu poi stabilito dai vescovi. Verso la fine del XVI l’obbligo e l’accumularsi delle doti spirituali incrementarono il patrimonio del monastero. In molte occasioni le badesse acquistavano beni immobili, dandole in fitto alle famiglie. Molte volte, tuttavia le operazioni finanziarie sfociavano nell'usura. Così mentre la città era in crisi verso il XVII secolo, il monastero di Santa Chiara divenne uno dei più importanti istituti economici della città di Crotone. Il ruolo più importante al fianco della badessa, che aveva l'obbligo di curare l'educazione delle novizie, era il ruolo del Procuratore, solitamente un parroco, che curava l'amministrazione del monastero. Egli curava gli affitti, i prestiti, la documentazione e la burocrazia del monastero. Il monastero divenne inoltre, luogo dove nascondere gli scandali del potere, ne è testimonianza una lettera che il vescovo Minturno scrive al cardinale Sirleto per far presente che i nobili della città hanno chiesto di allontanare dal monastero una certa Salomea Basoina di Santa Severina, probabilmente concubina di un parroco, entrata nel monastero senza il consenso delle monache per decreto penale della Vicaria. Nel 1638 i Turchi invasero le coste crotonesi, così le clarisse furono costrette per emergenza a sciogliere momentaneamente la clausura e si rifugiarono nel Castello di Carlo V. Per via della crisi il monastero, cadde in disgrazia e le clarisse furono costrette a lavorare servendo nelle chiese, recitando e cantando ogni giorno. Così ad inizio Settecento il monastero divenne oggetto esclusivo di alcuni nobili. Le clarisse tuttavia diminuirono da 15 a 8. Nel 1699 ci fu l’accesso al monastero delle figlie dei piccoli proprietari, creando una netta divisione con le figlie dei nobili. Nel 1745 ci fu la ricostruzione del monastero, che ebbe così una nuova vitalità grazie ad alcune famiglie emergenti di Crotone come Zurlo, Ventura, Oliverio, Sculco, Gallucci e del vescovo Capocchiani. Nel 1784 il governo Borbonico decise tuttavia di sopprimere tutti i conventi e monasteri che avevano meno di 12 membri e sospendere gli altri. Il monastero fu sospeso e i beni furono dunque affidati e amministrati dalla Cassa Sacra. Il monastero divenne così una parrocchia. Sciolta la clausura, tutte le clarisse furono mandate alle case paterne e fu assegnato loro un sussidio. BIBLIOGRAFIA
di Liperoti FrancescoCrotone è la città più importante, ancora oggi, del Marchesato, quella vasta regione geografica della Calabria Jonica, compresa tra le valli del fiume Tacina e del fiume Neto, stretta tra la fascia costiera ad est e la fascia presilana ad ovest. Crotone o in greco Kroton fu fondata da coloni achei tra il 709 e il 708 a.C. Secondo la tradizione storiografica Kroton fu fondata da Miscello di Ripa, su suggerimento dell’oracolo di Apollo a Delfi. Si potrebbe supporre che Miscello in una prima spedizione esplorativa sia rimasto colpito dalla morfologia del territorio: il luogo prescelto si trovava ad alcuni chilometri a nord da Capo Lacinio, uno dei pochi promontori della costa ionica; vicino alla foce del fiume Neto, che rappresentava la sola via agevole di penetrazione in Sila; inoltre è soprattutto circondato da una fertile pianura bagnata dal fiume Esaro. Seconda una delle numerosissime leggende sulla fondazione di Kroton, Miscello scelse in origine come luogo di fondazione della colonia Sibari, poiché attratto soprattutto dalla estesa piana che la circonda. Tuttavia, adirò gli dei per questa scelta e così fece ritorno a Kroton. Secondo lo storico Diodoro Siculo, la fondazione di Kroton è legata alla figura dell’eroe Ercole, il quale attraversando l'Italia con la mandria dei buoi sottratti a Gerione durante la sua decima fatica, uccise Lacinio mentre tentava di rubargli il bestiame, uccidendo però, accidentalmente, anche Crotone . Per quest'ultimo organizzò magnifici funerali, erigendogli una tomba e predicendo che in quel luogo sarebbe nata un giorno una città chiamata con il suo nome. La favola di Ercole e Crotone è menzionata anche da altri tra i quali Servio, il cui racconto precisa che Lacinio avrebbe sconfitto Ercole scacciandolo dai suoi domini, ed avrebbe innalzato un tempio a Hera in segno di ringraziamento. Un'altra leggenda unisce le varie figure importanti della fondazione di Kroton: Ercole dopo aver ucciso accidentalmente Kroton, lo seppellì nel fiume Esaro, poi apparve in sogno a Miscello dicendogli di fondare una colonia sulle rive del fiume Esaro chiamandola Kroton. Al di là delle numerosissime leggende che è avvolta la fondazione di Kroton, possiamo ritenere che la città fu fondata da coloni della regione montuosa dell’Acaia e conosciuti con il nome di Achei. Dunque, la tradizione storiografica concorda nell’attribuire agli Achei la fondazione di Kroton, infatti un passo Erodoto sostiene che i Crotoniati sono di razza achea . I coloni greci si mescolarono molto probabilmente con la popolazione indigena delle zone circostante, japigi ed enotri. I fondatori cominciarono così a costruire gli edifici della vita pubblica e i santuari e dividere il ricchissimo territorio in porzioni uguali. Infatti, il principio che animava i coloni era la Democrazia e dunque l’uguaglianza. I Crotoniati, come del resto gli altri Greci che realizzarono la colonizzazione dell'Italia meridionale, furono tra i primi uomini che vissero in occidente secondo un'organizzazione cittadina, rendendosi autori della trasformazione del territorio da una situazione pre-urbana, fatta di villaggi, alla situazione urbana della città. Dalle indagini ed in base agli scavi realizzati, sappiamo che l’area urbana della città greca occupava lo stesso luogo di quella moderna. Sappiamo anzi che l’area antica era sensibilmente più vasta, estendendosi tanto alla destra che alla sinistra del fiume Esaro, che la divideva a metà. La città risultava grandissima e divisa in settori: sulla collina a picco sul mare, in posizione emergente, trova posto l’Acropoli, la cittadella fortificata, essa occupava le alture che attualmente ospitano la parte più elevata del centro storico; in prossimità dell'Esaro si trovava il porto che sfruttava il tratto costiero tra la foce del fiume ed il promontorio; in posizione centrale e in uno spazio aperto sorgeva l’agorà (piazza) che rappresentava il luogo di mercato e di incontro destinato agli scambi ed alle riunioni, dove vi erano i più importanti edifici della vita pubblica e alcuni santuari; infine lontano dall’abitato sorgevano numerosissime Necropoli, tra cui quella più importante localizzata dagli archeologi in località Carrara. Queste Necropoli sorgevano appunto fuori l’abitato per dividere la città dei vivi dalla città dei morti. Inoltre, ai piedi dell’Acropoli sorgeva l’edificio del Gymnasium con l’annessa palestra, per ospitare i numerosissimi giovani appartenenti alla famosa scuola atletica crotoniate, che già qualche generazione dopo la fondazione divenne famosissima. Probabilmente con Miscello dovevano aver partecipato alla fondazione di Crotone anche altri giovani esponenti di casate aristocratiche dell’Acaia, legati alle pratiche rituali ed alle gare atletiche che si svolgevano ad Olimpia; lo stile di vita aristocratico delle comunità d’origine con le connesse pratiche atletiche, tali giovani debbono aver conservato e continuato a praticare anche nella colonia, se la tradizione registra già nell’Olimpiade del 672 a.C. la vittoria del crotoniate Daippo nella gara di pugilato, a distanza di una sola generazione dalla fondazione della città . Del successo della scuola atletica crotoniate eguagliata solo da Sparta, e che per oltre un secolo all’Olimpiade registra almeno un vincitore nelle diverse specialità, ne riparleremo successivamente. Kroton dalla fine del VII secolo cresce enormemente e comincia ad attuare una forte politica di espansione territoriale, che la porta ad occupare la fascia ionica fino all’odierna Catanzaro, facendo cadere nella sua orbita la città di Skylletium e approdando nella fascia tirrenica fondando la sub-colonia di Terina. Questa politica di espansione territoriale è in sintonia con quelle delle altre città greche dello Jonio, Taranto, Locri e Sibari. L’espansione di Kroton è facilmente rintracciabile con la posizione felice del suo porto, che la tiene in costante contatto con la madrepatria. Agricoltura, allevamento e commercio sono le principali attività economiche di Kroton. La polis è governata da un consiglio di Mille persone e come già detto, il principio fondamentale era la Democrazia. La popolazione inoltre era divisa tra i cittadini, gli schiavi e gli stranieri. Ben presto la polis entrò in conflitto con le altre polis sullo Jonio. Infatti, entrò in conflitto con Locri per il controllo della ionica Siri. Tuttavia, possiamo ritenere che le discordie nate in madrepatria tra Atene e Sparta si propongono anche nelle terre d’Occidente. Infatti, Sparta mandò aiuti a Locri e nella battaglia sul fiume Sagra riuscì a sconfiggere l’armata più numerosa dei Crotoniati. Dopo questa sconfitta si aprì un nuovo capitolo per la storia Kroton: l’arrivo nel 532 a.C. nella polis del filosofo e matematico Pitagora di Samo. Kroton offrì le migliori possibilità a Pitagora perché le sue idee possano affermarsi. Egli costruì un’Accademia e si circondò di diversi discepoli appartenenti alle migliori famiglie della città; riuscì a risvegliare nei Crotoniati i sentimenti della pietà verso gli dei, della virtù e del patriottismo . In questi anni infatti crebbe maggiormente il culto di Hera, che era praticato non solo nel santuario extraurbano del promontorio Lacinio, principale polo religioso della vita cittadina nonostante la sua distanza dall’abitato di circa 9 km, ma anche nel santuario urbano, recentemente individuato in località «Vigna Nuova», ed in quello rurale di S.Anna, nel territorio di Cutro, dislocato in punto strategico per il controllo del territorio interno . Molta importanza assunse il santuario di Hera Lacinia, che proprio Pitagora scelse a sede del suo insegnamento per le matrone di Crotone. Sul santuario si espresse così Tito Livio: "La città di Crotone, prima dell'arrivo di Pirro in Italia, aveva una cerchia di mura lunga 12 mila passi. Dopo essere stata devastata in quella guerra, a stento solo una metà di essa era allora abitata. Il fiume Esaro, che un tempo passava nel mezzo della città, ora scorreva in una zona fuori dai luoghi abitati ed anche la rocca si trovava lontana da quelli. Il nobile tempio di Giunone Lacinia distava da Crotone sei miglia, più illustre della città stessa. Attorno vi era un bosco sacro, cinto da una fitta foresta con alti alberi d'abete ed aveva nel mezzo rigogliosi pascoli, nei quali ogni genere di animali sacri alla dea, pascolava senza bisogno di pastori. Di notte ritornavano alle stalle separatamente e secondo il proprio genere, giammai violati dalle insidie delle fiere o dalla frode degli uomini. Per i grandi profitti ricavati da quel bestiame fu costruita e consacrata una colonna d'oro massiccio. Il tempio, inoltre, era notissimo anche per le ricchezze, oltre che per la sacralità. E vi attribuiscono alcuni miracoli, come di solito si verifica per luoghi così insigni. E' fama che nel vestibolo del tempio fosse collocato un altare, la cui cenere non era smossa da alcun vento" . Il Tempio in stile dorico dotato di 48 colonne complessive, con una monumentale scalinata sul lato principale di raccordo all’enorme basamento, si erge maestoso sulla spianata del Lacinio, nella parte nord-est del promontorio, all’esterna punta del Capo, sulla sommità del crinale, e si staglia in maniera ben visibile sulla linea dell’orizzonte, in vista ai naviganti dello Jonio. Il santuario divenne meta di pellegrini, provenienti da tutto il Mediterraneo e che lasciano alla dea un Anathema (dono). Per la festività annuale dedicata alla dea, il sacro recinto si anima a seguito dei tanti spettacoli e delle attività agonistiche che accompagnano le cerimonie religiose: processioni e banchetti, gare poetiche, musicali e ginniche . Accanto ad Era un ruolo importante acquisì il culto di Apollo, in concomitanza, da una parte, con l’assidua partecipazione degli atleti crotoniati anche ai giochi pitici, nei pressi di Delfi e connessi col culto di Apollo, che ne era considerato il fondatore, e, dall’altra con la contemporanea formazione della tradizione sul ruolo svolto dall’oracolo di Delfi nella colonizzazione. Infatti, Crotone quando cominciò a battere moneta scelse come simbolo il tripode delfico. Crotone dunque all’arrivo di Pitagora visse il suo periodo di maggiore splendore e ricchezza. La parte preponderante dell’attività educativa di Pitagora fu però essenzialmente rivolta e sempre più rigidamente circoscritta ai suoi discepoli, che tali si avviavano a diventare solo dopo un triennio di attenta valutazione della famiglia di provenienza – che doveva essere ovviamente ricca -, del rapporto coi genitori, del comportamento in generale e delle inclinazioni specifiche, della capacità di paziente attesa. In chi avesse superato questo periodo di prova preliminare, cominciava a quel punto ad inculcare il , un vero e proprio stile di vita improntato alla , e naturalmente anche del corpo, attraverso una rigida disciplina, che bandiva ogni genere di intemperanza, imponeva la regola del silenzio totale, della memorizzazione instancabile di precetti e concetti; che esaltava il valore dell’amicizia tra gli uomini e con gli dei quale mezzo insuperabile per la pacificazione e la conciliazione delle forze contrastanti. Solo dopo un tirocinio di questo stile di vita per ben cinque anni gli uditori, se giudicati degni, erano finalmente ammessi alla vista ed all’amichevole consuetudine col Maestro, e messi a parte dei contenuti più segreti e profondi del suo insegnamento, incentrato sulla dottrina dell’armonia, e della sua esperienza religiosa, tanto vicina nella concezione del mondo, dell’anima, dell’al di là, al pensiero orfico . I discepoli furono numerosissimi e provenienti da diverse città, tuttavia la maggior parte apparteneva a Crotone, che Pitagora non aveva certo scelto a caso, attratto dalla fama di notevole centro di vitalità culturale di cui già godeva, non solo per l’eccellenza dei suoi atleti, ma anche per la bravura dei suoi medici. La scuola medica di Crotone era infatti riconosciuta a livello internazionale se consideriamo che, la fama del medico Democede arrivò verso il 522 a.C. alle orecchie del re persiano Dario. Quando Democede ancora giovane lasciò Crotone per contrasti con il padre Callifonte, anch’egli medico, si trasferì ad Egina superando di tanto i medici locali, che se lo contesero con stipendi favolosi Atene ed il tiranno Policrate di Samo. Così la scuola medica crotoniate assurse nella considerazione generale alla migliore dell’Ellade. Dario saputa la bravura di Democede, lo catturò e lo scelse come medico personale e non gli avrebbe mai più consentito di tornare in patria, se con uno stratagemma non fosse riuscito a rientrare a Crotone. Qui sposò la figlia del famoso atleta Milone, entrò nella cerchia dei pitagorici e ne condivise le scelte anche sul terreno politico, restando alla fine coinvolto nella prima sommossa contro il sodalizio, tra fine VI e principio del V secolo a.C. . Molto influente e di grande rilievo della scuola medica di Crotone fu il medico-scienziato-filosofo Alcmeone che teorizzò la dottrina del giusto equilibrio di forze contrastanti e la dottrina della percezione sensoriale distinguendo fra sensazione e comprensione e individuando nel cervello il centro coordinatore dei processi percettivi. Crotone contò molti altri medici di rilievo tra cui Ippone, Filolao e Neocle. Tutti questi erano pitagorici come lo erano del resto anche gli atleti. Ci riferisce Strabone a proposito degli atleti crotoniati: “l’ultimo dei crotoniati è il primo tra i greci” . Le notizie in nostro possesso ci fanno ritenere che i Crotoniati rappresentarono nell’antichità un vero e proprio termine di paragone. I Crotoniati riuscirono a proporsi come veri leader nei confronti dei diversi altri stati greci in quasi tutte le competizioni atletiche. . Crotone tra fine VI e inizio V secolo a.C. raggiunse il suo massimo splendore. Tuttavia, in questo arco di tempo entrò in conflitto con Sibari. La battaglia che ne scaturì sul fiume Trionto nel 510 a.C., sancì la disfatta di Sibari e la sua distruzione per mano del condottiero crotoniate Milone. La tradizione vuole che la guerra sia nata dall’avvento della tirannide a Sibari per volere di Telis e dalla scelta di quest’ultimo di imprigionare alcuni cittadini. Questi cittadini fuggirono a Crotone, che li accolse. Telis intimò i crotoniati nel restituire i prigionieri, ma essi con decisione di Pitagora rifiutarono. Pitagora, che come ci riferisce la tradizione, odiava il governo tirannico, intimò i Crotoniati a portare la guerra. La battaglia vide secondo la tradizione storiografica enormi eserciti affrontarsi prima sul fiume Traente e poi sul fiume Nika. La battaglia si risolse, secondo una leggenda: . Dopo questa vittoria Crotone raggiunse la sua massima espansione territoriale: la sua influenza andava da Siri fino a Locri sullo Jonio e sul Tirreno con la sub-colonia Terina e l’alleanza con Messina. La grande ricchezza accumulata all’inizio del V secolo a.C. fu sfruttata per finanziare enormi opere pubbliche: diversi templi e soprattutto la cinta muraria . BIBLIOGRAFIA
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AutoreLiperoti Francesco Archivi |